Il regno del vuoto |
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Art. 0008 | |||||||||||||
IL PROGETTO per il museo ebraico DI Daniel Libeskind | |||||||||||||||
Il Museo Ebraico a Berlino apre ufficialmente ...quando la porta d' acciaio si chiude con un tonfo sordo alle nostre spalle, veniamo inghiottiti dal buio. Solo in alto, da una feritoia sghemba a quasi trenta metri dal suolo, una sottile lama di luce debole e biancastra rischiara un angolo sulla parete di cemento nudo. Un alito di vento soffia sibilando, amplificato dallo spazio. Una sensazione di malessere, un fastidio fisico misto a un'angoscia dell'anima, ci accompagnano, mentre gli occhi si adattano all'oscurità e cominciano a distinguere ombre e profili.
Siamo
nella Torre dell' Olocausto, regno del vuoto, cuore deserto del nuovo
Museo ebraico di Berlino, il solo luogo dell' edificio destinato a rimanere
per sempre così, a non essere utilizzato per la mostra permanente. «Il
fondo di un abisso, il nulla, una chiesa o un luogo per pensare: ognuno può
interpretarlo come vuole, ma è qui il punto di arrivo e di partenza della
comunità ebraica in questo Paese e in questa città», dice l' architetto
Daniel Libeskind, autore del progetto, prima di uscire lasciandoci soli.
Ultimato già nel 1999, dopo sei anni di lavori e un costo di 120 miliardi di
lire, il complesso verrà ufficialmente iniziato lunedì prossimo alla sua
funzione originaria: quella di testimoniare, nella città dove fu pensato e
pianificato lo sterminio dell'intera razza, lo straordinario contributo degli
ebrei all' arte, alla politica, alla scienza e all' economia della Germania,
prima di precipitare nel gorgo dell' Olocausto. Ma
così potente si è rivelata la metafora architettonica di Libeskind
che, in 18 mesi, 350 mila persone hanno già visitato il guscio vuoto
del Museo. Il merito è soprattutto di un'opera, che ha provato a
rappresentare i paradossi incomprensibili della vicenda ebraica in
Germania: «Dove - spiega l' architetto - si fondono tragedia e
speranza e non ci si può rallegrare per i contributi filosofici di un
Moses Mendelssohn, senza pensare allo stesso tempo a cosa sia successo
alla propria famiglia sotto il nazismo».
Interamente coperto di zinco e alluminio, il nuovo Museo ha la forma di una stella di David spezzata, un tormentato zig zag a simboleggiare tutte le cesure violente di un percorso che ha conosciuto vette altissime e voragini vergognose. Decine di finestre lunghe e strette, feritoie oblique cosparse come cicatrici sul corpo dell' edificio, richiamano «tracce topografiche di luoghi della città, dove gli ebrei vivevano e che sono stati cancellati». Vi si accede dal sotterraneo, dove tre corridoi collegano le varie parti della costruzione. Il primo, il più lungo, conduce alla lunga scala di pietra nera d alla quale si giunge alla mostra permanente, sistemata nei piani superiori: la scala finisce nel nulla ed è la strada del futuro, l' emblema della speranza. Il secondo passaggio sotterraneo sbuca fuori, nel giardino pietrificato dell' esilio, dedicato al poeta e scrittore E.T.A. Hoffmann: una selva di pilastri in cemento, piantati obliquamente e sormontati da alberelli, labirinto inestricabile dell' emigrazione dalla Germania hitleriana. Infine, il corridoio che porta all' abisso della Shoah. C' è stata una discussione appassionata su come riempire i 3 mila metri quadrati dello spazio esibitorio: qualcuno, impressionato dalla forza dell' opera di Libeskind, aveva addirittura proposto di lasciarlo vuoto. Ma nessun dubbio ha mai avuto Michael Blumenthal, segretario al Tesoro americano nell' amministrazione Carter, nominato nel 1997 direttore del Museo: «Vogliamo mostrare gli ebrei come parte della storia tedesca, come membri creativi e importanti di questa società e non soltanto come vittime». Anche Libeskind concorda: «L' edificio non è fissato unicamente sull'Olocausto, ma offre uno spettro più ampio. Fino ad ora dominava il vuoto e questo spostava l' accento sull'estinzione della cultura ebraica.
Ora, con la mostra installata, si potranno apprezzare anche il passato, il presente e il futuro della cultura ebraica in Germania». Suddivisi in tredici sezioni, saranno oltre 1600, fra documenti originali e copie, foto, strumenti di lavoro, manufatti artigianali, gli oggetti che daranno vita alla mostra permanente. Ma critiche ha già suscitato il ricorso diffuso a soluzioni d' avanguardia, tecniche multimediali e interattive, ricostruzioni computerizzate della vita quotidiana degli ebrei berlinesi nelle varie epoche: «Non sarà Disneyland - si difende Blumenthal, anche lui ebreo tedesco, che nel 1939, a 13 anni, si salvò dall' Olocausto fuggendo da Berlino insieme alla famiglia, - ma sarà un museo moderno: abbiamo scritto la storia come in un copione cinematografico, con gli alti e bassi di un percorso, che si dipana per duemila anni». Sostenuto dal governo federale con 24 miliardi l' anno, il nuovo Museo ebraico di Berlino sarà in grado di accogliere fino a 6 mila visitatori al giorno (Fonte:
“Il Corriere della Sera” - art. di
Valentino Paolo) SITI DI APPROFONDIMENTO |
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