4. Tipologie di abuso - Nel richiamare i capi IV e V della legge 47/85 per quanto riguarda le tipologie degli abusi sanabili, si riprende essenzialmente la descrizione di ogni singola tipologia, ordinata secondo la gravità dell'abuso commesso, a suo tempo riportata nella tabella allegata alla legge 47/85.
Permane, quindi, in merito alle tipologie di abuso quanto già esposto nella circolare Ministero dei lavori pubblici n. 3357/25 del 1985, che si sintetizza di seguito.
Tipologia 1:
"Opere realizzate in assenza o difformità della licenza edilizia o concessione e non conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici".
Tale tipologia comprende le opere realizzate in assenza di titolo o in difformità da questo, e, comunque, non conformi alle norme urbanistiche sia al momento in cui i lavori furono iniziati, sia al momento in cui la domanda di concessione deve essere presentata.
Tipologia 2:
"Opere realizzate senza licenza edilizia o concessione o in difformità da questa, ma conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici alla data di entrata in vigore della presente legge".
Tale tipologia riguarda opere abusive, realizzate in assenza di titolo o in difformità da questo al momento di inizio dei lavori, ma in seguito divenute conformi alla normativa urbanistico-edilizia alla data di entrata in vigore della legge 724/94.
La verifica della conformità alla strumentazione urbanistico-edilizia deve essere effettuata in base alle normative approvate e vigenti alla data del 1° gennaio 1995, ivi incluse le varianti di recupero approvate ai sensi dell'articolo 29 della legge 47/85.
Tipologia 3:
"Opere realizzate senza licenza edilizia o concessione o in difformità da questa, ma conformi alle norme urbanistiche ed alle prescrizioni degli strumenti urbanistici al momento dell'inizio dei lavori".
Tale tipologia comprende i cosiddetti "abusi formali"; opere prive di titolo autorizzativo, ma che sarebbe stato comunque possibile eseguire poiché conformi alla normativa urbanistico-edilizia al momento dell'inizio dei lavori, anche se, in seguito la suddetta normativa è stata modificata, determinando, di conseguenza, un contrasto sostanziale delle opere abusive alla data di entrata in vigore della legge 724/94.
A titolo semplificativo, si riportano alcune opere abusive rientranti nelle tipologie sopra elencate:
- nuove costruzioni e ampliamenti autonomamente utilizzabili privi della licenza o concessione edilizia;
- nuove costruzioni e ampliamenti realizzati in difformità dalla licenza o concessione edilizia rilasciata;
In entrambe le ipotesi, per l'inserimento dell'abuso nella corretta tipologia, dovrà essere valutata la conformità o meno alle norme e alla strumentazione urbanistica vigente e adottata sia all'epoca della realizzazione dell'abuso, sia alla data di entrata in vigore della legge 724/94.
Tipologia 4:
"Opere realizzate in difformità dalla licenza edilizia o concessione che non comportino aumenti della superficie utile o del volume assentito; opere di ristrutturazione edilizia come definite dall'art. 31, lettere d), della legge n. 457 del 1978, realizzate senza licenza edilizia o concessione o in difformità da essa; opere che abbiano determinato mutamento di destinazione d'uso".
Tale tipologia comprende opere realizzate su edifici esistenti dotati di licenza o concessione edilizia, che non abbiano comportato aumenti della superficie e del volume assentito, nonché interventi di ristrutturazione edilizia anche con incremento della superficie utile ma non del volume, e infine, modifiche della destinazione d'uso con e senza opere secondo quanto si dirà in seguito.
A titolo semplificativo, si riportano alcune opere abusive rientranti nella suddetta tipologia:
- ampliamento della superficie all'interno della volumetria assentita, qualora tale aumento non sia compreso nella ipotesi della realizzazione di un organismo edilizio autonomamente utilizzabile. I soppalchi praticabili all'interno di unità immobiliari, rientrano nella suddetta tipologia qualora tale aumenti sia consentito dalle norme tecniche comunali, in caso contrario dovranno essere applicate le misure relative alla tipologia 1;
- difformità dell'edificio o dell'unità immobiliare rispetto alla licenza o concessione edilizia, senza aumento di volumetria;
- il mutamento di destinazione d'uso dell'edificio o dell'unità immobiliare, come, ad esempio la trasformazione di una abitazione in studio professionale; si ribadisce, a proposito della tipologia di opere in argomento, quanto già introdotto a suo tempo nella circolare n. 3357/25 del 1985.
Non rientrano nella tipologia 4, ma nella 1 - od eventualmente nella 2 o nella 3 - le trasformazioni, con opere, di superfici o volumi destinati alla residenza o all'uso produttivo. Così, ad esempio ricadrà nella tipologia 1 (o 2 o 3) la trasformazione di soffitte, cantine, stenditoi e lavatoi coperti (ove il regolamento edilizio non li comprenda nei volumi considerati ai fini del computo dell'indice di edificabilità), in abitazione; nella stessa tipologia ricadrà la chiusura di spazi aperti (ad esempio: balconi) anche con pareti vetrate; o la chiusura di portici o di altri spazi aperti individuati da pilastri.
Giova ricordare che, qualora non sia stato diversamente disposto da specifiche normative regionali e dai regolamenti edilizi comunali, la definizione di "volume tecnico" è contenuta nella circolare di questo Ministero 31 gennaio 1973, n. 2474.
Tipologia 5:
"Opere di restauro e di risanamento conservativo come definite dall'art. 31, lettere c), della legge n. 457 del 1978, realizzate senza licenza edilizia o autorizzazione o in difformità da esse, nelle zone omogenee A di cui all'art. 2 del dm 2 aprile 1968, qualora non trattisi di interventi finalizzati all'adeguamento igienico e funzionale."
Tipologia 6:
"Opere di restauro e di risanamento conservativo, come definite dall'articolo 31, lettera c), della legge n. 457 del 1978, realizzate senza licenza edilizia o autorizzazione o in difformità da essa."
Le suddette tipologie riguardano gli interventi di restauro e risanamento conservativo realizzate su edifici esistenti o datati di licenza o concessione edilizia, in assenza del titolo autorizzativo o in difformità da questo e si differenziano unicamente per la localizzazione territoriale.
L'articolo 39 della legge 724/94 ha unificato l'oblazione relativa alle suddette tipologie, anche se le opere di cui alla lettera c) dell'articolo 31 della legge 457/78, siano state realizzate nelle zone territoriali omogenee A del DM 1444/68, come recepite nelle destinazioni d'uso degli strumenti urbanistici comunali.
Tipologia 7:
"Opere di manutenzione straordinaria, come definite dall'articolo 31, lettera b), della legge n. 457 del 1978, realizzate senza licenza edilizia o autorizzazione o in difformità da esse. Opere o modalità di esecuzione non valutabili in termine di superficie o di volume e varianti di cui all'art. 15 della legge 28 febbraio 1985, n. 47".
Tale tipologia comprende essenzialmente le opere di manutenzione straordinaria realizzate su edifici esistenti dotati di licenza o concessione edilizia, senza titolo o in difformità da questo; opere o modalità di esecuzione non computabili in termini di superficie e di volume e, infine, varianti in corso d'opera nella fattispecie definita all'articolo 15 della legge 47/85.
Anche nel caso della tipologia 7, si ribadisce il contenuto della circolare n. 3357/25 del 1985.
Per le opere non valutabili in termine di superficie e di volume (ad esempio, scale, apertura o chiusura di vani per finestre o porte; piccole pensiline, ecc.) l'oblazione deve essere pagata una sola volta, anche se nell'ambito della stessa unità immobiliare siano stati effettuati più abusi dello stesso tipo: come, ad esempio, siano stati aperti due vani finestra: ovvero sia stata chiusa una finestra ed aperta un'altra. Quando, tuttavia, per la quantità delle opere e per il loro collegamento funzionale, anche con opere interne, l'intervento realizzato debba considerarsi ricadente in altra tipologia di abuso (ad esempio ristrutturazione edilizia) la richiesta di concessione in sanatoria non potrà riguardare le singole opere (non valutabili in termini di superficie o di volume) ma l'intervento complessivo realizzato.
Così, in analogia con quanto detto sopra, le opere non valutabili in termini di superficie e di volume, ma realizzate contestualmente e nell'ambito di una categoria di abuso rientrante nelle altre tipologie, non sono soggette al pagamento di una autonoma oblazione, ma devono unicamente essere descritte evidenziandone il nesso del collegamento funzionale.
Infine, nella tipologia 7 ricadono anche abusi commessi in corso d'opera qualora le opere abbiano le caratteristiche indicate nell'articolo 15 della legge 47/85; per esse la concessione in sanatoria è necessaria, in quanto non è stata richiesta l'approvazione prima della dichiarazione di ultimazione dei lavori.
Si riportano, per maggiore chiarezza, le caratteristiche delle opere rientranti nella variante ex articolo 15 della legge 47/85:
- devono essere conformi agli strumenti urbanistici e ai regolamenti edilizi vigenti e non in contrasto con quelli adottati;
- non devono comportare modifiche alla sagoma e alle superfici utili delle costruzioni e delle singole unità immobiliari;
- non devono comportare l'aumento delle unità immobiliari;
- non devono riguardare immobili vincolati ai sensi delle leggi 1089/39 e 1497/39 e successive modificazioni ed integrazioni, salvo che non sia stato ottenuto il nulla-osta relativo. A tale proposito occorre esplicitare la circostanza che è possibile applicare l'articolo 15 della legge 47/85 anche agli immobili vincolati, qualora per le opere in variante sia stato ottenuto il prescritto nulla osta prima del loro inizio;
- non devono riguardare interventi di restauro, come definiti all'articolo 31 della legge 457/78.
Le tipologie di opere abusive 4, 5, 6 e 7 riguardano, in linea generale, interventi eseguiti su edifici esistenti dotati della legittimità urbanistica ed edilizia. E' possibile presentare istanze di sanatoria per le suddette opere, anche se realizzate su edifici già oggetto della sanatoria ex legge 47/85.
Nel caso in cui il procedimento di sanatoria ai sensi della legge 47/85 non sia definito - in particolare per gli immobili soggetti a tutela - è necessario che venga conclusa la precedente istruttoria.
4.2. Mutamenti di destinazione d'uso - La circolare del Ministero lavori pubblici n. 3357/25 del 1985, alla luce delle considerazioni legate alla situazione giuridico-amministrativa rilevabile alla data di entrata in vigore della legge 47/85 ha escluso la necessità di sanare il mutamento di destinazione d'uso non accompagnato da opere. La tipologia 4 della tabella, doveva essere riferita esclusivamente all'insieme sistematico di opere, finalizzate al mutamento di destinazione d'uso, allora definito "strutturale".
Nella medesima legge 47/85 era previsto, all'articolo 25 ultimo comma, che le regioni determinassero "i criteri, le modalità cui dovranno attenersi i comuni all'atto della predisposizione di strumenti urbanistici per l'eventuale regolamentazione, in ambiti determinati del proprio territorio, delle destinazioni d'uso degli immobili nonché dei casi in cui per la variazione di essa sia richiesta la preventiva autorizzazione del sindaco".
Attualmente in relazione al comma 1, punto a) dell'articolo 8 e all'ultimo comma dell'articolo 25 della legge 47/85 che, laddove esista una specifica previsione regionale, vigente al 31 dicembre 1993 e recepita all'interno degli strumenti urbanistici comunali, è ammissibile la sanatoria della mancata richiesta dell'atto autorizzativo per il cambiamento di destinazione d'uso senza opere edilizie.
Si devono distinguere le seguenti categorie di mutamento della destinazione d'uso, oggetto o meno di sanatoria a seconda della situazione legislativa e normativa vigente nel comune ove è ubicato l'abuso.
A. Con opere edilizie:
A.1. conforme agli strumenti urbanistici vigenti, sanabile e ove previsto, soggetta al contributo di concessione;
A.2. non conforme agli strumenti urbanistici vigenti, sanabile e soggetta alla corresponsione del contributo di concessione;
B. Senza opere edilizie (cambiamento di utilizzazione):
B.1. in presenza di legislazione regionale recepita all'interno degli strumenti urbanistici vigenti, sanabile e, ove previsto, soggetta al contributo di concessione;
B.2. in assenza di legislazione regionale e di norme in materia all'interno degli strumenti urbanistici vigenti, non oggetto di sanatoria edilizia e sottoposta,
eventualmente, ad altri discipline sanzionatorie, come ad esempio quelle di cui all'articolo 221 del RD 1265/34.
4.3. Opere interne - La disciplina degli interventi edilizi interni alle unità immobiliari introdotta dalla legge 47/85 ha trovato, fino all'emanazione del decreto legge
88/95, una notevole applicazione, tanto da configurare una vera e propria "categoria di interventi" autonoma, sottratta al rilascio del titolo autorizzativo da parte dell'amministrazione comunale, ma soggetta invece all'attività di controllo urbanistico-edilizio, tramite la comunicazione di inizio lavori.
L'omessa comunicazione di cui all'articolo 26 comportava l'applicazione delle sanzioni previste al terzo comma del medesimo articolo. Poiché si ritiene che la norma transitoria relativa alle opere interne di cui all'articolo 48 della legge 47/85 trovi ancora oggi applicazione, si riporta di seguito, unitamente alle dovute annotazioni di coordinamento con l'articolo 39 della legge 724/94, quanto specificato a suo tempo circa l'oggetto delle "opere interne" e le procedure per la "sanatoria" di tali opere.
Occorre sottolineare che l'omessa comunicazione riguarda opere realizzate fino alla data del 1° gennaio 1995, termine di entrata in vigore della legge 724/94 e la relativa presentazione era possibile entro il 31 marzo 1995.
E' da rilevare preliminarmente che le opere in questione possono interessare sia le singole unità immobiliari (gli alloggi, in caso di edilizia residenziale, i manufatti costituenti catastalmente una unità immobiliare negli altri casi) sia l'intera costruzione.
Ciò premesso, si può affermare che esse, dovendo rispettare la sagoma e i prospetti dell'intera costruzione, non possono assolutamente riguardare l'aspetto esterno del fabbricato, compresa la copertura: da ciò ne deriva che non possono essere considerate "opere interne" aperture, aggetti, chiusure di balcone, ecc.; in definitiva non possono essere mutati o alterati l'assetto architettonico e l'estetica dell'edificio, sia pure mediante semplici fregi.
Il rispetto degli strumenti urbanistico-edilizi adottati e approvati è una ovvia necessità. Poiché si tratta di operare su edifici esistenti, il mancato rispetto degli strumenti - soprattutto di disciplina edilizia - potrebbe derivare, ad esempio da modifiche, anche lievi, della distribuzione dello spazio interno all'unità immobiliare tali da comportare la realizzazione di vani di dimensioni insufficienti ad assicurare le condizioni ottimali di aerazione o di illuminazione.
La norma esclude, inoltre, dalla categoria delle opere interne quelle che comportano aumento delle superfici utili e del numero delle unità medesime.
Circa la superficie - stante che la norma si riferisce alle costruzioni e non solo alle unità immobiliari - deve ritenersi che siano consentiti ampliamenti di tali unità immobiliari nell'ambito della costruzione, mediante accorpamento totale o parziale di unità contigue.
Non costituisce, comunque aumento della superficie utile l'eliminazione o lo spostamento di pareti interne o di parti di esse.
L'aumento del numero delle unità immobiliari, attraverso il frazionamento di quelle preesistenti, invece è espressamente escluso dalle "opere interne" poiché comporta un maggior "peso" urbanistico: è di tutta evidenza , infatti, che un maggior numero di unità immobiliari comporta la presenza, nella costruzione e nella zona, di un maggior numero di famiglie o di altri utenti, con conseguenze di carattere urbanistico, più o meno sensibili.
Quanto all'esclusione, dalla categoria delle opere interne, di quelle necessarie per attuare la modifica della destinazione d'uso, della costruzione o di singole unità immobiliari, deve farsi presente, che l'esclusione va letta e interpretata alla luce dell'ultimo comma dell'articolo 25.
La suddetta esclusione va oggi riferita alle disposizioni regionali vigenti alla data di emanazione del decreto legge 193/95, circa la regolamentazione dei casi in cui è richiesta la preventiva autorizzazione da parte del sindaco per la variazione delle destinazioni d'uso delle unità immobiliari. Le variazioni d'uso soggette ad atto autorizzativo, nel caso sia disciplinata la fattispecie, non rientrano nella categoria delle opere interne.
Le opere interne, realizzate in immobili inclusi nella zona territoriale omogenee A del DM 1444/68, come recepita all'interno degli strumenti urbanistici, devono rispettare le caratteristiche originarie sia strutturali, sia tipologiche, sia funzionali delle costruzioni delle unità immobiliari.
Quanto alla prescrizione secondo la quale le opere interne non devono recare pregiudizio alla statica dell'immobile, essa non può significare il divieto di operare sulle strutture poiché altrimenti non si comprenderebbe la necessità dell'intervento del professionista abilitato alla progettazione. La disposizione va correttamente interpretata nel senso che gli interventi debbono essere tali da evitare ogni pregiudizio, sotto il profilo statico.
Si deve ribadire che la categoria delle "opere interne" attraversa tutte le definizioni degli interventi edilizi dell'articolo 31 della legge 457/78, con l'esclusione - per ovvi motivi - della "ristrutturazione urbanistica" e permane, quindi la necessità di un raccordo tra le suddette definizioni e la natura degli interventi compresi nell'articolo 26 della legge 47/85.
Va chiarito anzitutto che gli interventi di manutenzione ordinaria che coincidono, quando sono interni, con le opere in parola, sono sottratti ad ogni controllo comunale, sia pure sotto forma della notizia.
Gli interventi di manutenzione straordinaria, invece - sottoposti ad autorizzazione comunale - possono considerarsi "opere interne" sempreché non riguardino l'esterno dell'edificio, se è vero - come prima si è detto - che anche il rinnovo delle parti strutturali può essere realizzato con il procedimento di cui all'articolo 26.
Gli interventi di restauro e di risanamento conservativo, per rientrare nella categoria delle "opere interne" devono rispondere alle caratteristiche che connotano dette opere, con le limitazioni della modifica della destinazione d'uso.
Infine la ristrutturazione edilizia ai fini della sanatoria è soggetta a concessione edilizia. E' da ritenere che nell'insieme sistematico di opere che costituiscono tale intervento, alcune - quando non riguardino né sagoma né prospetti - possono rientrare nella categoria delineata dell'articolo 26, poi abrogato con l'articolo 8 del decreto legge n. 193/95.
Così il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell'edificio o l'inserimento di impianti. Tuttavia, tali opere non possono essere considerate "interne" quando hanno la finalità tipica della ristrutturazione edilizia che è quella di giungere ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.
Deve comunque, farsi presente che opere complesse, cioè comportanti interventi di diverso tipo ed ampiezza, realizzate in una unità immobiliare o in una costruzione, non possono essere disarticolate e denunziate separatamente, quando tra esse esista un rapporto di funzionalità.
Così, non è ammissibile presentare la relazione sulle opere interne e, separatamente, chiedere la concessione per l'apertura di una o più finestre o per la realizzazione di altri interventi esterni, funzionali o comunque, contestuali a dette opere: è necessario in questa ipotesi, chiedere, a seconda dei casi, l'autorizzazione per la manutenzione straordinaria o la concessione per la ristrutturazione edilizia.
Così pure, non possono essere denunciate come opere interne, con successive relazioni, quelle intese a realizzare un organismo in tutto o in parte diverso dal precedente. Ancora, non può essere denunziato come opera interna un intervento, in sé "neutro" ma che, di fatto, prelude un mutamento di destinazione d'uso ed è da questo seguito.
La normativa relativa alle opere interne riguarda ogni tipo di edilizia - residenziale e non - come risulta chiaramente dall'espressione "costruzioni" usata dall'articolo 26.
In particolare per ciò che concerne l'edilizia industriale, deve farsi presente che sono da considerare opere interne quelle eseguite entro il perimetro degli impianti o degli stabilimenti, purché aventi le caratteristiche indicate nella circolare del Ministero dei lavori pubblici in data 16 novembre 1977, n. 1918. Ciò in quanto tale circolare, in relazione alla specificità della tipologia edilizia e dell'attività svolta, fornisce una interpretazione ampia dell'intervento "manutenzione ordinaria" che appare corrispondente alla nozione di opere interne secondo il disposto dell'articolo 26.
Come si è detto, la legge prevede che il proprietario al momento dell'inizio dei lavori presenti una relazione firmata da un professionista abilitato alla progettazione che asseveri le opere da compiersi e il rispetto delle norme di sicurezza e delle norme igienico-sanitarie vigenti.
Il documento da presentare consiste, pertanto, in una semplice relazione, che potrebbe non essere accompagnata da planimetrie, con la quale il professionista assevera - cioè afferma in base ad un necessario accertamento - quali sono le opere da compiersi. con la sottoscrizione della relazione egli dichiara responsabilmente, inoltre, che le opere da realizzare hanno le caratteristiche indicate all'articolo 26 ed in particolare che esse sono state progettate in modo da rispettare le norme di sicurezza e quelle igienico-sanitarie vigenti.
La relazione dovrà essere presentata in duplice esemplare al comune il quale apporrà su quello restituito al presentatore l'attestazione di copia conforme; tale esemplare sarà esibito sul luogo dei lavori e attesterà l'avvenuta denunzia delle opere. La relazione potrà essere anche spedita con raccomandata con avviso di ricevimento.
La facoltà di "regolarizzare" l'omessa comunicazione ex articolo 26 per tutte le opere interne è riproposta oggi, con la riapertura dei termini introdotti dall'articolo 48, e pertanto si devono intendere applicabili le procedura a suo tempo individuate, con alcune necessarie specificazioni. Entro il termine perentorio del 31 marzo 1995, la domanda firmata dal proprietario della costruzione o dell'unità immobiliare o da altri aventi titolo, accompagnata dalla relazione asseverata da parte di un professionista abilitato che attesti la conformità delle opere eseguite alla categoria delle "opere interne" dovrà essere presentata, anche mediante raccomandata con avviso di ricevimento, al Comune. Tale relazione si rende necessaria - diversamente dalla previsione del 1985 - in quanto prevista "a regime" e ha funzione ricognitiva circa i requisiti tecnici delle opere realizzate, con particolare riguardo alle norme di sicurezza antincendio, igienico-sanitarie e alla statica della costruzione.
E' il caso di fare presente che non usufruendo della possibilità di "regolarizzare" l'omessa comunicazione ex articolo 26 entro il termine del 31 marzo 1995, si può incorrere nelle sanzioni contemplate nel medesimo articolo.
Per meglio definire l'ambito di applicazione della speciale forma di sanatoria in parola, come si è già accennato illustrando l'articolo 26 in caso di interventi complessi che comprendano anche "opere interne" queste ultime non possano essere scorporate dal complesso dei lavori e denunciate separatamente quando tra le opere esista un rapporto di funzionalità. Infatti, quando il complesso delle opere configuri uno degli interventi definiti dall'articolo 31 della legge 457/78, sottoposti ad autorizzazione o concessione è tale intervento che deve essere denunciato".
Quando le opere da sanare sono antecedenti al 31 dicembre 1993, la domanda di concessione in sanatoria deve essere presentata congiuntamente alla domanda e alla relazione di cui all'articolo 48 nel caso in cui esista un rapporto di funzionalità tra le opere medesime.
Il rapporto in questione può mancare quando le varie categorie di opere siano state eseguite in parti nettamente distinte della costruzione; ovvero quando esse siano state realizzate in tempi diversi e così distanziati tra loro, da escludere ogni relazione di continuità.
Anche in questi casi, comunque, dovrà essere allegata alla domanda di concessione in sanatoria anche la domanda e la relazione di cui all'articolo 48, per consentire alla amministrazione comunale di verificare la presenza del rapporto di funzionalità predetto, e disporre gli atti conseguenti, tra cui - accertata una rilevanza delle omissioni tali da configurare una domanda dolosamente infedele - l'applicazione del Capo I della legge 47/85.
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