La città desiderata 

 

Art. 0017

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  FLUTTUAZIONI E PIEGATURE DELLO SPAZIO ARCHITETTONICO  
 


Articolo di Paolo Marzano


A qualcuno sicuramente sarà capitato di leggere l'articolo scritto da Luis Fernandez-Galiano sul numero 104 di qualche tempo fa di Lotus International, (ora Lotus Navigator). Il titolo è "Terremoto e Terapia", allegata allo scrtto una sequenza d'immagini che possono fa riflettere i più attenti studiosi di architettura e i curiosi sostenitori dell'argomento. Soprattutto per le implicazioni evolutive che di lì a poco, avrebbero fatto vivere, una stagione entusiasmante che l'architettura attraversa tutt'ora. 
Guarda caso, sullo stesso numero, uno degli ultimi discorsi dell'ineguagliabile Bruno Zevi. Forse per una linea editoriale decisa dalla rivista o per indicare l'importanza del susseguirsi degli eventi nella pratica architettonica, il caso ha voluto mostrarci un'impercettibile direzione. Una porticina aperta per un'intuizione capace di generare visioni possibili. E' successo infatti che come i saggi "maestri" di tante storie raccontate, come un instancabile e paziente studioso, mentore dinamico e intellettuale acuto, Bruno Zevi ci ha accompagnato sulla soglia di questo millennio, dichiarando la vittoria dell'architettura moderna e contemporanea, indicandoci un orizzonte nuovo.
Egli, consapevole, già, dal Manifesto di Modena, ha mostrato grande fiducia nelle possibilità espressive di una nuova stagione architettonica e, verso la fine di settembre del '99, chiude lo scritto con un riferimento storico, il cui valore trascina sconvolgendo quella che sembrava una conclusione e azzarda un'ipotesi futuribile, con un atteggiamento coerente testimone di una vita diversa, "non in riga". Egli delinea, infatti, la sua grandezza culturale lanciando con autorevole compiacimento quella che, con parvenze poetiche, deve leggersi, secondo me, come una vera profezia.
Vedere lontano, d'altronde, anche oltre i propri limiti, è sempre stata una caratteristica dei grandi personaggi. Lo scritto, notate bene, dice ricordando una descrizione di Leonardo da Vinci: 

"[...] va ricordato quanto diceva Leonardo sulla necessità di tener conto delle nebbie, delle foschie, delle sbavature, delle albe, delle piogge, del clima ingrato, del caldo, delle nuvole, degli odori, dei tanfi, dei profumi, della polvere, delle ombre e delle trasparenze, degli spessori dolci quasi sudati, delle evanescenze fuggevoli. Adesso l'architettura è attrezzata per captare tali valori". 

Quale lettura bisogna dare allo scritto se non quella di farlo concettualmente aderire perfettamente alla realtà delle trasformazionioni che sono in atto nell'architettura? Non faremmo certo l'errore, osservando la ricerca ed il lavoro di Frank O.Gehry, Daniel Libeskind, Zaha Hadid o altri interpreti dell'architettura, di isolarli perché così facendo potremmo solo trarne profili individuali interessanti, ma non ci basta! Ciò che qui, interessa è guardare in generale il magamatico movimento che dai tavoli della ricerca architettonica si evidenzia in questo momento. Non è difficile ma neanche facile, occorre uno studio attento e particolareggiato di certe esperienze, derivate da particolari teorie; proviamoci! Quei tanfi, quei colori, quelle nebbie di cui parla il Prof. Bruno Zevi, citando Leonardo, secondo me, riecheggeranno per molto tempo, perché proprio adesso, si trovano sul tavolo di prova dell'architettura e sotto il microscopio della critica d'avanguardia (quella che con i concorsi e negli studi di architettura, vive in prima persona respirando l'atmosfera dello sconvolgente mondo digitale toccando con mano, verificando le innumerevoli sovrapposizioni e le molteplici contaminazioni fra i programmi di nuova generazione che permettono il controllo di forme complesse proponendo risultati; molti previsti altri inaspettati. E' forse stata raggiunta la 'fusione'?! vedi Do Androids Dream of Eletric Sheep? di PhlipK.Dick. E allora ecco "le ombre… le trasparenze…le evanescenze…".Ciò che voglio dire è che mai come in questo momento l'impegno ed il lavoro delle giurie diventa fondamentale. Devono affrontare, infatti, elementi di rappresentazione e linguaggi espressivi per la maggior parte a loro sconociuti e, badate bene, non è un discorso che riguarda le pendenze degli scarichi, i metri quadri di cubatura o la forma degli infissi!
Anche stavolta la lezione di Zevi ritorna; quando avvertiva declamando che non si può interpretare la casa sulla cascata di Wright con i valori con cui s'interpreta la Cappella Sistina. Ebbene, quei momenti sembrano tornati con fragore assordante (o forse ci sono sempre stati), gli ambienti di un concorso e i gruppi che si alternano costruendo i mattoni per una nuova architettura, molto probabilmente tacciono la loro energia o la comprimono aspettando il momento giusto. Questo momento tarderà ad arrivare per una difficoltà diciamo 'logistica'; metaforicamente immaginiamo che la gamma di emittenza trasmessa (progetti presentati) è molto più larga di quello che il ricevitore (commissione giudicante) riesce a recuperare e molti messaggi si perdono! Nessun rimpianto, sempre meglio adesso rispetto a quando questa energia esplosiva era azzerata o ammutolita a favore di amplessi post-moderni o idiosincrasie pseudo-classicheggianti capaci di infettare le facoltà. Quelli che non erano capaci di azzardare post-modernismi (perché ci vuole coraggio), si accontentavano di tipologie 'mute', indifferenti, volumi puri che prima di essere spazio architettonico erano già 'memoria'. 
Questa non è stata cultura o una fase storica avvincente, ma un'attesa per quello che viviamo oggi !
Vero o no, penso proprio che l'era digitale stia, permettendo, una nuova 'rinascenza' legata indissolubilmente alla rete e in ogni modo, all'informazione. Forse una prova di connessione o forse la preparazione di territori nuovi per altre generazioni, in ogni caso è la premessa ad una 'intelligenza collettiva' che grazie alla rete dimostra una maturità complessa, capace di civilizzare e di escludere atteggiamenti autoritari isolandoli nella loro banale pochezza di mezzi espressivi.
Ho sempre preso in considerazione, in questa serie di scritti, gli aspetti limite delle trasformazioni, i punti labili dove la struttura della rete e conseguentemente dell'architettura può cedere o indebolirsi. Infatti, anche nella rete, c'è sempre il rischio di generare conventicole (parafrasando Tom Wolfe in 'Maledetti architetti', edito tra i saggi Tascabili Bompiani) d'impronta oligarchica, anche queste le conosciamo bene, si comportano tutte allo stesso modo con i loro metodi di convincimento subliminali. La realtà tecnologica e la cultura comunicativa a tutti i livelli, avendo affinato i metodi interpretativi, li verifica subito come un perfetto "antivirus" azzerando le banalità e gli interessi di parte!

Teniamo presente, però un dato di fatto come ci suggerisce la frase di P. Lévy : "[…] La pianificazione del cyberspazio, ambiente di comunicazione e di pensiero dei gruppi umani, è uno dei principali traguardi estetici e politici del prossimo secolo". 
Da P.Lévy, L'intelligenza collettiva. Feltrinelli , Milano, 1966.

E' un rischio che io chiamo 'pieghe' che dobbiamo correre perché fisiologicamente previsto, perciò bisigna rimanere attivi e culturalmente svegli. 
Non dimentichiamo neanche l'utile e fondamentale opera di chi scandaglia continuamente questo nuovo mondo informatico, proponendo intuizioni e studi che usano i termini giusti da conoscere per maturare riflessioni e a tal proposito, prendiamo per esempio Paul Virilio in uno degi suoi ultimi saggi intitolato, non a caso 'L'incidente del futuro' dice: 

"[…] dopo l'era della standardizzazione dei prodotti e dei comportamenti della società industriale dei consumi, è la volta, dunque, dell'era della sincronizzazione dell'opinione". 

Altra 'piega', da mettere in conto, i significati e i concetti possono trovarsi catalogati secondo schede classificate e distribuite a peso secondo le possibilità economiche.
Sappiamo anche questo perché il Prof. Zevi ci aveva avvertito nessuno può negarlo! I suoi scritti nei numerosi e appassionanti testi, sono alla portata di tutti. Ricordiamo che è stato capace (non è da tutti credere così fermamante nell'architettura) anche di rinnovare editorialmente la divulgazione dell'architettura. Le riflessioni, le intuizioni, le scoperte non devono essere pagate a peso d'oro (100 pagine de 'IL SAPERE' - enciclopedia tascabile - dagli economici tascabili NEWTON a lire 1.500 è stata una sorpresa per tutti - contro i suoi stessi manuali che raggiungevano le 100.000 lire di 'Storia dell'architettura moderna' Einaudi collegato a 'Spazi dell'architettura Moderna' con un prezzo maggiore!). Facile dimostrarlo; guardate quanto costa l'architettura scritta e illustrata! (N.B. cambiò il formato e diminuì il prezzo, adesso è cambiato solo il formato!!!).
Dall'inizio, tra le righe del particolaristico C.L. Ragghianti in SELEARTE fino ai giovani critici contemporanei, almeno due generazioni d'appassionati dell'architettura (tra cui, chi vi scrive), si sono nutriti del suo linguaggio e della sua cultura, ma pochi possono veramente usare tali strumenti. 
Battagliare (dialetticamente e culturalmene, è chiaro) contro qualunque ordine che si sospetta si stia per costituire. Perché è banale dirlo, ma la ciclicità di certi eventi è troppo evidente, nella maggior parte dei casi gli ordini costituiti generano appartenenze, le appartenenze generano gerarchie, le gerarchie emanano regole, le regole generano classificazioni d'idee insieme a manierismi interpretativi e … ci risiamo, un'altra volta?!

Rieccoci, ricaduti nelle conventicole che usano i loro termini, i loro codici e si crogiolano tra concetti diventati vecchi e stantii che regolano i comportamenti e idee (quello che ci ha portati purtroppo a vivere stagioni architettoniche più ferme e congelate dei neo-neo-storicismi). Siccome penso che ad ogni critica debba corrispondere una proposta cercherò di portare a testimonianza dell'argomento, alcuni esempi che secondo me possono realmente essere visti come piccoli passi capaci di apportare linfa vitale all'architettura. 
Sono esempi tra le innumerevoli soluzioni progettuali che il tempo in cui viviamo ci propone.
'Campioni' già costruiti facenti parte non di grandi architetture che però si differenziano dall'insieme per delle caratteristiche proprie di diversa posizione, invenzione formale e strutturale, anche questo, può determinare una "coltura" da laboratorio per delle ricerche e le visioni progettuali future. 
Un filtro sostanzialmente importante nel quadro più generale di un'evoluzione tecnologica predominante. Quelli che andremo a scoprire sono episodi architettonici piccoli che però evidenziano la 'INEDITA concezione spaziale .

Quando F.T. Marinetti descrive la sensazione che gli dà una strada bagnata dopo la pioggia, tra i palazzi di una città, osservando "poeticamente", che questa, dava l'idea di sprofondare nel riflesso della notte, fino al centro della terra, comunicava una visione di una 'città a livelli'. Dal suo punto di vista, proietta una soluzione utopica cogliendo un aspetto di quella strada e di quella visione;altri hanno meditato su questo tema della città 'a livelli' da Sant'Elia a Van Doesburg a Le Corbusier e tanti altri. Questa non è scientificità, ma poesia dell'immagine e della ricerca che sfuma nel visione di una "città desiderata" che da sempre sollecita l'uomo e sconvolge i suoi sogni quando appare. 
Guarda caso l'utopia è fondamentale nella storia reale di una possibile architettura!
Dallo studio di alcuni scritti dei 'maestri' che hanno analizzato e tutt'ora analizzano, questa nostra mutante realtà in trasformazione, viene fuori un'osservazione; infondo per ogni cattedratico che espone la sua teoria architettonica verificata, realizzata e ben pubblicizzata, esiste un gruppo di appassionati che in un altro luogo, ha già pronta una piccola e sconvolgente nuova realtà architettonica per la quale lotterà e culturalmente utilizzerà sognando di soddisfare il desiderio di una migliore qualità dell'esietnza umana. 

Tra le 'pieghe' di questa complessità, s'inserisce un altro concetto che può tentare di chiarire l'evoluzione dello spazio architettonico. 
Uno scrittore come K.Philip Dick per esempio non crede ai momenti topici, dai quali dipende una trasformazione importante e dichiara che ad un racconto che finisce con una tremenda esplosione risolutiva, preferisce un finale in cui si sente un vagito. La differenza sia raconto sia film, è enorme per la sua portata concettuale e propulsiva capace di proiettare gli eventi. Bene, l'architettura si muove, più o meno sulla stessa traccia, palesando immagini che nella loro parabolica discesa, possono imporsi prepotentemente e cadere con la stessa facilità perché non apportano niente di nuovo a differenza dei piccoli episodi coraggiosi dove la scala d'intervento permette di dosare con attenzione gli strumenti per la ricerca della qualità.
L'esempio che volevo sottolineare, a proposito di questo concetto, è l'immagine assolutamente tragica e paradossalmente efficace della struttura rimasta in verticale dopo il tragico evento dell'11 settembre del 2001, messa a confronto con una delle soluzioni del concorso del gruppo di progettazione che ha espresso secondo il mio modesto parere una delle soluzioni migliori del concorso a cui avevano partecipato numerosi ed importanti studi di architettura. 

 
Soluzione per il progetto del WTC del gruppo formato da Richard Meier & Partners Architects, Eisenman Architects, Gwathmey Siegel & Associates, Steven Holl Architects. http://www.renewnyhttp://db.nextroom.at/bw/10434.html

Nell'ultimo concorso per lo spazio del World Trade Center di New YorK abbiamo seguito dai media, l'evolversi delle idee per l'area presa in esame dal progetto che molti architetti hanno affrontato con vigore fantasia e creatività. In ogni caso le risposte sono state adeguate all'intervento e hanno dato una possibile visione non solo di ciò che ci si aspetta da un luogo ormai significante che ha vissuto un'epica tragedia, ma anche il livello tecnologico che oggi l'architettura può prevedere 'costruendo' una parte di città. Arriviamo al dunque; l'immagine che è comparsa e che si è espressa nella sua fumosa dissolvenza, trasforma la realtà che da una visione apocalittica, genera degli spazi che si distribuiscono secondo ordini nuovi e secondo diversi circuiti di significato. Certo Richard Meier & Partners Architects, Eisenman Architects, Gwathmey Siegel & Associates, Steven Holl Architects hanno raggiunto lo scopo, il progetto ha dato grandi frutti ed ha mostrato come l'inventiva e lo spirito libero dei grandi architetti è sempre vivace ed attento. (io ci aggiungo che in quel progetto c'è la soluzione ad una probabile 'città a livelli' futura "la città desiderata"). L'allucinante somiglianza della struttura sopravvissuta alla catastrofe che abbiamo osservato tante volte tra le macerie, rivela dei segni raccolti per la soluzione prevista. Sarebbe stata una vittoria dichiarata contro l'inutilità della guerra. Un'immagine che diventa il riscatto contro la violenza dell'attentato e, se ben pubblicizzata avrebbe dimostrato, al posto di un conflitto, il vero valore e il grado di civiltà di una nazione veramente capace di trasformare i resti di una parte del suo tessuto urbano distrutto, in una città nuova 'desiderata'! (l'esplosione sostituita dal vagito, un evento traumatico diventato embrione generatore di un intero corpo, un'opera oltrechè apprezzabile, concettualmente qualificante per il genere umano).
Rimane comunque il fatto che sono immagini utili a far riflettere, capaci di mostrare come da una situazione di crisi e di angoscia, può nascere una nuova visione che supera la voglia di scontro tra popolazioni abitanti lo stesso pianeta. 


Trampolino di Zaha Hadid a Bergisel Innsbruk 2002
http://www.archimagazine.com/aski.htm

Un altro episodio riguarda il progetto di Zaha Hadid a Innsbruk. L'architetto iracheno continua la sua ricerca e sperimenta direttrici nuove. Una certa libertà di movimento regalata alle strutture che con i segni trovano il piacere di fondersi, determinado delle integrazioni visive e una continuità rinnovata. Colpisce la possibilità di trasformazione dell'immagine creata. L'architettura ancora una volta si è mostrata con un suo volto diverso! I segni e le linee di flusso evidenti nel progetto a Roma per il Centro di Arti Contemporanee, con un atto improprio e spinti da un'irrequieta volontà liberatrice, hanno abbandonato il piano, hanno rifiutato l'appoggio e dilatandosi in spazi nuovi quasi antigravitazionali, si sono proiettati nel vuoto come non si vedeva dai disegni e le opere di Mendelshon. 
Quindi un segno architettonico in 'evoluzione' fino a 50 metri da terra. La novità è la semplice trave reticolare dello scivolo che ha dato un' impronta particolare a quelle architetture che qui, io ho definito 'segni in quota', la materia che crea un ambito 'fluttuante'. E se fosse questa una diversa maniera di interpretare lo spazio, vivendolo con direttrici di riferimento che ora possiamo non solo immaginare, ma evidentemente costruire con un sapiente dosaggio di eleganti gesti architettonici? Zaha Hadid ha creato un precedente, ci ha fornito la prova di una concreta possibilità. Il progetto avrà sicuramente un seguito tra coloro che rifiutano corpi piantati come lapidi alla terra cubi, prismi, piramidi. La rinnovata concezione dell'architettura a cui Hadid ci sta abituando rende interessante la possibilità di un'evoluzione che, da stuttura intesa dinamicamente, sfiora la scultura. 
Vedo in questo sistema di comunicazione, un nuovo modo d'intedere lo spazio e il segno che in questo progetto veramente si appartengono. Una struttura 'futurista' o futuristica un trampolino che dà un'idea di possibilità inesplorate, una struttura che lontana dai grandi circuiti, può regalare nuove dimensioni per concepire altri strumenti formali da gettare sul tavolo progettuale mancante di questi episodi, come nuovi mezzi con i quali iniziare nuove logiche interpretative. L'opera incuriosisce tanto che visivamente viene voglia di ripercorrerla al contrario per scoprire dove quel segno si ferma e dove avviene l'incontro tra materia e spazio. Un 'gesto' architettonico di indubbia qualità. Secondo me, succede qualcosa di importante da ricercare nel progetto a Bergisel di Hadid a Innsbruck! 
Tra le architetture in "quota", o meglio tra quelle che hanno abbandonato il piano per proiettarsi nello spazio, ho scelto anche un progetto che risale ad un po' di tempo fa, di Coop Himmelblau. Si tratta della Mansarda Falkestrasse. 

Vedete, queste architetture sono caratterizzate dal fatto di essere idee che sono andate oltre la loro epoca stabilendo coordinate progettuali nuove ed evidenziando un approccio diverso allo spazio. Notate bene l'esempio del progetto in questione, è iniziatore di un uso della trasparenza capace di far leggere lo spazio contenuto nel sottotetto. La metafora del fulmine che cade sull'edificio ha aiutato i progettisti non a continuare la linea dello spazio ristretto dalla casa, ma di aggredirlo dall'esterno sconvolgendo l'ambiente interno. Il risultato non è assolutamente una superfetazione decorativa come si sosteneva in quel tempo, anzi connette alla casa una qualità spaziale che decompone e destruttura alimentando un'iniziatica voglia di un diverso 'comporre' un luogo. Una parte del sottotetto che da appendice buia, diventa una sorgente luminosa sia strutturale sia visiva.

 
Coop Himmelblau, Mansarda Falkestrasse 83/89
http://db.nextroom.at/bw/10434.html


 
Nuova Biblioteca di Alessandria, 
http://www.corriere.it/av/galleria.html?biblioteca_alessandria&1

Anche Un altro episodio di piccola scala inserito in un ambiente più vasto e di sicuro impatto visivo sono queste forme che si sono scelte per contenere delle sale studio nella Biblioteca d'Alessandria. Tra una foresta di alberi - pilastri ripresi dalla storia dei faraoni sono i capitelli a 'fior di loto', ecco cristallizzarsi delle forme (sale lettura). Non hanno niente a che vedere con lo spazio sottostante, lo stacco formale è evidente, ma la luce, i pilastri e lo spazio così creato con questi strumenti facilitano l'inserimento in "quota", di queste strutture. Profili affacciati sul vuoto, masse sospese nello spazio, cunei bianchi, che si appoggio tra i pilastri rimanendo ferme come sculture. Forse profili di navi spaziali o ritrovamenti di altre civiltà risalenti ad antiche costruzioni egizie mai scoperte. Cristalli sospesi nel grande contenitore che praticamente dinamizzano il vuoto esistente tra terra e cielo; guarda caso è proprio lo scopo dell'architettura. 

Un altro personaggio che si è rivelato uno spirito sperimentatore dotato di fervida inventiva, finchè tratta strutture di limitate dimensioni, è Santiago Calatrava 
Dopo una stagione caratterizzata dagli interessanti grandi ed ossuti fossili, biancheggianti, egli si muove egregiamente nella sua pratica architettura sempre posta tra la scultura, l'ingegneria e la grafica, ha rivisto certi segni evolvendosi in una sinuosità che lascia presagire assoluti nuovi paesaggi ed esperimenti formali di sicuro e stimolante successo. Un 'tecnico-scultore' come lui, ci mostrerà strutture diverse e qualitativamente coraggiose capaci di evidenziare fisicamente i nervi diventati direttrici del corpo dell'architettura, questo continuo sperimentare permette la lettura piacevole dello spazio.


Calatrava, Wisconsin, lago Michigan, MAM, Museo d'Arte Moderna
http://www.turleyarchitects.com/calatrava_and_da_vinci.htm

L'architettura non può fare a meno delle immagini e degli azzardi, degli accostamenti estremi e della contaminazione dei diversi materiali, siano essi reali o virtuali. Dai piccoli episodi studiati per l'interieur, fino ai grandi interventi urbani, sono tanti gli stimoli e i suggerimenti che possono 'poeticamente e culturalmente' rivelare nuove soluzioni. A volte purtroppo, succede che il tavolo del laboratorio architettonico, dove si focalizzano gli esperimenti e si studia l'intima struttura del "costruire", sia così pieno di componenti che l'attenzione del critico è distratta rispetto a certe piccole ma fondamentali trasformazioni. Le connessioni tra i diversi linguaggi permettono relazionalità e configurazioni impensabili, le simulazioni tridimensionali dello spazio, permettono il decentramento delle idee e lo scambio delle esperienze immateriali testimoniano una vivifica energia all'orizzonte. Davvero si stanno preparando nuove piattaforme per le future generazioni.
Un nuovo livello di comunicazione permette la realizzazione di identità ed esperienze interconnesse, l'individuo dallo spirito 'nomade' che ne viene fuori, abilita un ambito umano che ora possiamo vedere un po' più ricco di possibilità e di scelte per il suo futuro, perché la sua "città desiderata" può veramente diventare quella realmente costruita.

Articolo di Paolo Marzano


Fonti delle foto:

  • Foto di testa, ricerche per spazi polivalenti, archivio Paolo Marzano, vedi link del gruppo Altre Quinte 

  • Domus 846 Nuova Biblioteca di Alessandria,

  • Modulo 179 Coop Himmelblau, Mansarda Falkestrasse 83/89

  • Domus 854 Trampolino di Zaha Hadid a Bergisel Innsbruk 2002

  • Soluzione per il WTC New York foto da link indicato

  • Calatrava M.A.M. Wisconsin, foto dal sito di riferimento al link indicato

  • Altri testi citati hanno i riferimenti bibliografici già tra parentesi.


 
 
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